giovedì 27 febbraio 2014

CINEMA CORTESIE: "Belle e Sébastien" 

GIUDIZIO: ****/5
La storia di Belle e Sébastien è una di quelle vicende che restano impresse nel cuore dello spettatore, perché chiama in gioco valori universali quali l’amicizia, la solidarietà, la lotta alle difficoltà della vita. 

Proprio una di quelle storie che superano le discriminazioni tra gli uomini, le differenze tra diverse culture e anche i confini tra le varie comunità: e l’opera firmata da Nicholas Vanier, in questi giorni nelle sale italiane, lo fa anche de facto perché la storia travalica anche le magnifiche e desolate vette delle catene alpine, all’interno di un paesaggio che regala squarci mozzafiato e visioni bucoliche di una natura incontaminata, per lanciare un messaggio di indubbia connotazione positiva. Ma noi crediamo che non sia questo il momento di ricordare la trama: l’amicizia tra il piccolo Sébastien e il bellissimo pastore dei Pirenei di nome Belle è una di quelle favole già presenti nell’immaginario francese ed europeo, e senz’altro anche oltre; una favola radicata a partire da metà degli anni sessanta, grazie alla fantasia e alla voglia narrativa di Cécile Aubry e poi alle molteplici trasposizioni realizzate anche oltralpe, tra le quali noi non possiamo che richiamare alla memoria il cartone italiano degli anni ottanta.
Anche questa pellicola, pur con alcuni necessari cambi di sceneggiatura, resta fedele al marchio originale nei suoi tratti essenziali: ritroviamo sempre il piccolo Sébastien, trovatello preso in cura da un vecchio abitante di montagna, e poi c’è l’arrivo di un grosso cane (per l’esattezza, una cagna, maestosa nel suo folto pelo bianco) che si affeziona subito al piccolo, divenendone compagno inseparabile; e poi il contesto storico degli anni della Seconda guerra mondiale, la presenza dei soldati tedeschi, e altro ancora.
Ma quello che vogliamo sottolineare di questa pellicola è un altro aspetto. Fatte le doverose premesse che si tratta di un film riuscitissimo e davvero gradevole alla visione, quello che sorprende e che lascia margini di riflessione, oggi, nel nostro terzo millennio, è tutta una serie di spunti che esulano la semplice componente favolistica o valoriale, a cui abbiamo accennato in precedenza. Il film mette cioè in scena un rapporto tra uomo e ambiente che oggi, ahimè, non esiste più. In Belle e Sébastien la natura non riveste soltanto il ruolo di sfondo di straordinario fascino iconografico: la natura di queste vette mozzafiato e di questi sterminati altopiani alpini invece si presenta come il piatto di un bilancia che oggi non è più in pari. Ci spieghiamo meglio. All’interno del film, gli elementi naturali si presentano in perfetto equilibrio tra bene e male, tra solare e oscuro, tra bontà e crudeltà: ci sono, sì, Belle e gli altri animali in pace tra loro (cervi, camosci, daini, ma anche cinghiali in fuga, stormi di uccelli in migrazione, famiglie di tassi che si richiamano affettuosamente l’un l’altro) ma anche lupi affamati che uccidono le pecore, animali che si feriscono gravemente, uccelli notturni che volteggiano sulle cime con i loro lamenti sinistri; e ancora abbiamo burrasche, nevicate senza tregua, gelo, ghiacciai invalicabili, crepacci insidiosi. Come a dire, la natura non è solo un’immagine serena e radiosa di un panorama da gustare dall’alto di un’arrampicata, ma essa è anche morte, prede sgozzate, sangue di animali dilaniati dagli artigli di altri predatori o inesorabile confronto con un clima ingeneroso e non sempre accogliente. Eppure il tutto viene mostrato in una forma di equilibrio che ha sempre caratterizzato la storia del nostro pianeta, il male che si contrappone al bene, la pioggia al sole, la preda al cacciatore, tutti come elementi imprescindibili di un rapporto consolidato o, meglio ancora, di un ciclo di nascita e morte, di produzione e distruzione che ha sempre retto le sorti di questo mondo.
Ma questo rapporto sembra oggi definitivamente incrinato. Guardando Belle e Sébastien ti rendi conto che le immagini non fanno che confermare quest’interpretazione; e anche le figure degli uomini, pur nelle loro irriducibili violenze e nelle loro forme di noncuranza e spregio per l’ambiente circostante, erano una volta parte integrante di questo equilibrio vitale, di questa armonia degli opposti, di questo bilanciamento tra forze avverse.
Oggi si può dire lo stesso? Può aver ancora senso questa concordanza nel nostro duemila e oltre? Questa è la domanda che lascia Belle e Sébastien allo spettatore dei nostri tempi. Tanto più questa riflessione nasce sua sponte, a fronte dei disastri e delle sciagure ambientali che sempre più infittiscono le pagine della nostra cronaca quotidiana. Se l’uomo non è stato più in grado di rispettare i propri limiti, travalicando le proprie sfere di appartenenza e di competenza nel bilanciamento delle energie con gli altri “partner” sul suolo del pianeta, come avrebbe potuto reagire la natura, se non in queste dirompenti manifestazioni di violenza, di furia devastatrice e di sfacelo che sono sotto gli occhi di tutti? Ecco il motivo per cui, tanto più si apprezza un film come Belle e Sébastien, quanto più lo si confronta con l’attualità: e, se ci pensiamo, la vicenda è collocata solo settant’anni fa circa, quando già c’erano i primi chiari accenni di questo squilibrio incipiente. Fatto sta, comunque, che la pellicola resta godibilissima, al di là di una certa retorica di fondo che, tuttavia, all’interno della storia non diventa mai ridondante. È un film per piccoli ma anche per adulti: grandi e piccini assieme a contemplare la vita bellissima di animali nel loro habitat (alcune scene sono davvero suggestive, degne di un documentario di grande pregio scientifico), di montagne che si allungano infinite in un orizzonte etereo e, infine, le vicissitudini di quei minuscoli esseri impegnati a combattersi e a odiarsi, ma anche ad aiutarsi e ad amarsi. Solo che quei minuscoli esseri hanno prevaricato il proprio ruolo, in questo quadro d’insieme. E ciò è quel retrogusto di amaro che ti resta all’uscita dalla sala cinematografica. Difficile farlo andare giù. (Michele Canalini)

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